
FIGLI
DI FELLINI
Erano
gli anni Sessanta e il mondo sognava di vivere come le star di via Vittorio Veneto. Eppure La
dolce vita di Fellini è
il ritratto più spietato mai fatto della società italiana: nobili decaduti,
popolani bramosi di miracoli, intellettuali che parlano d’Arte, ma non sanno
vivere, paparazzi ante litteram
e giornalisti che impazziscono per starlette formose ed esotiche.
Cinquant’anni
dopo, alla Mostra del Cinema di Venezia, è come se si fosse accesa la luce sul
bianco e nero de La dolce vita,
trasformandola in un Technicolor chiassoso. La fauna assume un aspetto ancor
più grottesco. Dive e divette si godono l’istante di popolarità, i potenti
sfruttano la propria influenza, gli artisti annegano il talento
nell’inadeguatezza. Dall’altra parte delle transenne la gente comune brama un
saluto di Simona Ventura bussando ai vetri scuri. Sono quelli che vogliono un
pezzo di celebrità come fosse una reliquia. Sono cambiati i nomi, sono diversi
i set, ma è lo stesso film.

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